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         Secondo i servizi il rischio di un 
        attacco all''Italia,  potrebbe arrivare non solo dall'azione di 
        commando esteri ma anche dalle cellule presenti nel Paese. 
        "Articolazioni jihadiste, raccordate in modo puntiforme a sigle 
        dell'estremismo, ma operanti al di fuori di movimenti strutturati e da 
        cui derivano significativi pericoli" 
         
        Nella relazione del Comitato esecutivo per i Servizi di Informazione e 
        di Sicurezza (Cesis) si legge "sono emerse, infatti connessioni di 
        elementi presenti nei nostri confini con personaggi all'estero di 
        'calibro operativo'. Emblematico il caso dell'egiziano, arrestato in 
        giugno a Milano, sospettato di coinvolgimento negli attentati di 
        Madrid".  
        L'intelligence sottolinea, nel 
        nostro paese, la presenza "di una comunità musulmana nella sua essenza 
        moderata e la cui integrazione nella nostra società resta un fattore di 
        arricchimento reciproco". All'interno di questo ambiente, però, "non 
        mancano centri propulsori dell'attivismo militante che potrebbero 
        catalizzare in danno del nostro territorio la disponibilità ad 
        abbracciare un'opzione jihadista, finora istradata verso i teatri di 
        crisi". Il terrorismo islamico, avvertono i servizi "è un nemico in 
        costante crescita", alla ricerca di nuovi sistemi per procurare il 
        maggior danno possibile ed ampliare l'effetto del terrore, non escluso 
        l'utilizzo di armi chimiche-batteriologiche o radiologiche.  
        Per quanto riguarda il rischio di 
        attacchi chimici, l'intelligence ha detto di aver avviato un 
        monitoraggio mirato dal quale risulta che, "ferme restando le difficoltà 
        legate al reperimento e alla manipolazione, resta la preoccupazione per 
        il possibile sviluppo di biotossine".   | 
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