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              Roberto Castelli è ministro di Giustizia, ma non pare proprio 
              anche di Grazia. Il Guardasigilli ha attaccato il Quirinale sottovalutando 
              che da Carlo Azeglio Ciampi avrebbe molto da imparare: il senso 
              dello Stato, la discrezione, e magari pure che per gli italiani 
              di fiume sacro ce n’è uno solo: il Piave. Non il Po. 
              A Montecitorio Castelli ha definito «devastante» l’effetto 
              «se la Consulta riconoscesse al presidente della Repubblica 
              poteri enormi, che quello degli Usa neppure si sogna».  
              La polemica fra l’ingegner Castelli e il Colle parte dal 2002, 
              quando, rispetto alla grazia per Ovidio Bompressi (agli arresti 
              domiciliari per gravi motivi di salute) e Adriano Sofri (che un 
              atto di clemenza non l’ha mai chiesto), Ciampi espresse un 
              orientamento favorevole, non tanto come atto giudiziario ma umanitario. 
              Poi, nel 2003, il presidente aveva spinto per l’approvazione 
              della legge Boato e il 30 marzo dello scorso anno aveva chiesto 
              al ministro di istruire un fascicolo per la grazia a Sofri. Perfino 
              il Cavaliere ha dovuto frenare il ministro leghista, il quale imperterrito 
              prosegue: «I miei detrattori possono dire quello che vogliono, 
              ma questa decisione della Consulta farà scuola, farà 
              giurisprudenza. Anzi, no: farà la storia di questo Paese». 
               
              Al di là del fatto che questo Paese una storia di democrazia 
              ce l’ha da sessant’anni, di diverso parere è 
              un uomo che di diritto ne sa senz’altro più di un ingegnere 
              meccanico, con tutto il rispetto. Ha detto Beniamino Carovita di 
              Toritto, ordinario di diritto pubblico: «Ha ragione Ciampi 
              e il ministro non può più opporsi alla sua determinazione 
              di concedere la grazia». Non bastasse, c’è il 
              parere di Francesco Paolo Casavola, ex presidente della Consulta: 
              «L’ultimo comma dell’articolo 87 della Costituzione 
              stabilisce che il presidente concede la grazia». Intanto oggi 
              si riunisce il «popolo di Pontida», l’adunata 
              delle «camicie verdi». Ma se fino ad ora la divisa leghista 
              ha voluto dire inadeguatezza istituzionale, ineducazione, vilipendio 
              al tricolore, non vorrei che diventasse segno premonitore di danni 
              irreversibili. 
               
             19 giugno 
              2005  |